Storia – Freeskiing

Freeskiing

A metà degli anni ’90, mentre le diverse scuole nazionali di sci alpino si confrontano sulle innovazioni tecniche e didattiche connesse all’introduzione degli sci “carving”, nel mondo dello sci si prepara un’altra trasformazione: l’idea di vivere la neve in libertà, con lo stesso spirito abbracciato dai “rivoluzionari” snowboarder, ottiene un crescente successo e porta a una rapida evoluzione e diffusione del “free ski” (sci libero). Il termine inizialmente indica lo sci fuori pista, praticato spesso su terreni estremi, e poi arriva a identifcare un insieme di attività della neve diverse, ma tutte caratterizzate dal desiderio di allontanarsi dal concetto di sci come attività rigidamente codifcata, troppo rigorosa e poco divertente. All’interno di questa nuova realtà, che esercita il proprio fascino soprattutto fra i giovani, coesistono anime diverse, che danno vita a categorie di attività differenziate in base al terreno e all’obiettivo. Le due principali “correnti” sono il freeride e il freestyle, che a loro volta comprendono modi differenti di vivere la neve. Terreno d’elezione del freeride è la neve fresca, che lo sciatore percorre come se planasse sulla superfcie; balzi rocciosi, accumuli di neve e terreni accidentati vengono spesso superati con salti ed evoluzioni che sono parte integrante di questa pratica. La ricerca del contatto con la natura, anche nelle sue manifestazioni più “estreme”, e della sensazione di libertà che ne deriva animano gli appassionati del freeride. Il freestyle si impone invece negli Stati Uniti negli anni Settanta come disciplina “acrobatica” della neve, in cui l’abilità dello sciatore si esprime in salti, evoluzioni, rotazioni in aria e sulla neve. Questo sport, che all’inizio trova la propria ragion d’essere esclusivamente nella libertà e nel divertimento, si organizza progressivamente, fno ad assumere il volto di una pratica agonistica codifcata, che comprende diverse specialità: gobbe, salti e, ultimo nato, lo skicross – una discesa che unisce tecnica e spettacolarità, in cui un gruppo di atleti affronta contemporaneamente il percorso di gara, con salti e curve paraboliche. A metà degli anni Novanta, come reazione alla perdita dello spirito originario e all’inquadramento del freestyle nei limiti imposti alle discipline federali, nasce il movimento della “new school”, che tenta di liberare questo sport da regole rigide e di esaltarne l’aspetto “giocoso”: l’obiettivo torna ad essere la sperimentazione delle potenzialità “acrobatiche” dello sci, senza limiti. Si diffondono rapidamente gli snow park, aree attrezzate con particolari strutture che aiutano il rider a compiere in sicurezza le evoluzioni, e si organizzano “contest”: appuntamenti a metà fra la gara e l’happening per appassionati, hanno per obiettivo non tanto il primato agonistico, quanto l’incontro fra rider, spesso giovanissimi, che confrontandosi in un clima di libertà totale elaborano fgure sempre più complesse. Al di fuori della pratica agonistica e della terminologia delle discipline olimpiche, il termine “freestyle” indica l’approccio allo sci tipico della new school: con questo signifcato viene utilizzato anche in questo lavoro.