Storia – La Nuova Tecnica Austriaca

La Nuova Tecnica Austriaca

Il turismo della neve aveva subito una battuta d’arresto nel periodo bellico e nell’immediato dopoguerra, ma negli anni ’50 riprese alla grande, con la creazione di nuove stazioni sciistiche, nuovi impianti e numerose scuole di sci. L’evoluzione della tecnica sciistica, arrestatasi durante la guerra per mancanza di gare e di contatti tra i vari rappresentanti delle scuole, deve un ulteriore e decisivo salto in avanti alle idee del “re dello scodinzolo”, come venne soprannominato il professor Stephan Kruckenhauser. Nato a Monaco nel 1905, divenne maestro nel ’27. Egli insegnò a lungo nella scuola di St. Christoph all’Arlberg, dove mise a punto le sue rivoluzionarie teorie. Il nuovo metodo si basava sull’istinto e sulla predisposizione naturale di ogni sciatore: il centro motore dei movimenti passava dalle spalle alle anche-ginocchia-caviglie, il peso era meglio distribuito, favorendo la ricerca dell’equilibrio ottimale. La rotazione delle spalle a cui si affdavano i francesi non piaceva affatto a Kruckenhauser: “sciare muovendo le gambe” non si stancava mai di dire. Infatti egli spostò il movimento dalle spalle alla parte inferiore del corpo, arretrando il perno intorno a cui ruotavano gli sci. I bastoni tornano di moda e vengono utilizzati per dare ritmo alla curva e per mantenere l’equilibrio. La padronanza degli sci, in questo modo, risultava migliore, la presa di spigoli immediata. L’obiettivo era quello di ottenere il massimo effetto, in velocità e sicurezza, con il minimo sforzo, cioè con uno spostamento più contenuto del baricentro dello sciatore. Questa tecnica, denominata “sci naturale” o “wedeln”, segnò l’inizio dell’era dello scodinzolo e presto fu adottata anche dai francesi sotto il nome di godille. Ad essa si associava un metodo più razionale d’insegnamento e questo fece sì che molti “cittadini” incominciassero ad avvicinarsi allo sci. In Italia esso fu subito adottato dal coordinatore della scuola italiana, Franz Freund; atleti famosi usarono la tecnica di Kruckenhauser per raggiungere grandi risultati agonistici, quali Zeno Colò, medaglia d’oro in discesa libera alle Olimpiadi di Oslo nel 1952, e Toni Sailer, medaglia d’oro nelle tre specialità alle Olimpiadi di Cortina nel 1956. Quando in Italia ancora non esisteva una tecnica omogenea d’insegnamento, quando ancora non era stato codifcato un metodo universale che potesse essere applicato uniformemente, nelle scuole di sci i metodi dei maestri risentivano fortemente dell’infuenza delle nazioni confnanti. In Piemonte e Valle d’Aosta prese piede facilmente il modello francese, in Trentino-Alto Adige quello austriaco. Tradizionalmente vi fu a lungo un certo contrasto interpretativo tra la scuola austriaca e quella francese: la prima proponeva la contro-rotazione di spalle (il “contro-spalla”) in opposizione alla “rotazione” praticata dai francesi. Gli italiani, in genere, assunsero una posizione più vicina a quella della scuola austriaca, smussandone comunque le esasperazioni. Leo Gasperl cominciò ad avvicinarsi sia alla tecnica di Schneider che a quella francese. Passato alla guida della nazionale di sci, portò alla ribalta un grandissimo campione del tempo: Zeno Colò. Dotato di grande coraggio, Colò si fece notare soprattutto in discesa libera e con Gasperl inventò la posizione a uovo.